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12. Dar månn au in må

RACCONTO NR. 13
(Bacher, 1905: 99-100; Bellotto, 1978: 109-111; Miorelli et al., 2014: 131-132)

Dar månn au in må

L’uomo su sulla Luna

In an stroach iz-ta gebest a månn auz aff nan akhar z’ sega di lisan, un hatt gesek

Una volta un uomo era fuori, su un campo per vedere le lenticchie e vide

ke di lisan von åndarn laüt soin vil schüanar1 baz di soin.

che le lenticchie degli altri erano molto più belle che le sue.

Un er iz-e-se dartzürnt z’ sega asó un hatt-en pensàrt

E lui si arrabbiò nel vedere ciò e pensò

bia dar mögat tüan zo haba er o dar sèlln2 schüan3 (schümmane) lisan4, un dena iz-ar gekheart bodrùm huam.

come avrebbe potuto fare per avere anche lui le stesse belle lenticchie, e quindi ritornò a casa.

Gianante huam iz-en khent in sint

Andando a casa gli venne in mente

ke dar må iz groas un abas laüchtet-ar asó schüa5,

che la luna era piena e la sera splendeva così bella.

un er alòra geat zo stola-n-ar söllane schüane6 lisan.

E lui allora andò a rubarne di tali lenticchie prelibate.

Un asó hatt-ar getånt.

E così fece.

Bal-z iz gebest her spet pa dar nacht,

Quando fu notte fonda,

iz-ar gånt auz atz vèlt,

andò fuori nella compagna

bo-da soin gebest di schüan7 lisan, un hatt geschauget uminùm un hatt niamat gesek, un hatt khött:

dove si trovavano le lenticchie prelibate, e guardò attorno, e non vide nessuno, e disse:

«Bèn, da sìkk-me niamat,

“Bene, nessuno mi vede,

umbrómm i pin de muatresch plua8 (muatresch alùmma),

perché sono solo soletto

bàl-da-mar nèt zuarschauget dar må;

quando non mi guarda la luna,

un von må vört-e-me nicht,

e della luna non mi preoccupo per nulla,

umbrómmn darsèll mö(kht)-mar nicht tüan».

perché questa non potrebbe farmi nulla”.

Un dena iz-ar-se nidargehukht un hatt auzgezèrrt lisan.

E quindi si è steso a terra e ha strappato le lenticchie.

Bal-d-ar-ar9 hatt gehatt an arvl voll, hatt-ar-ze geböllt trang huam.

Quando ne ebbe una bracciata piena, le volle portare a casa.

Allz in an stroach iz-ta khent dar må un hatt genump in månn un hatt-en getrakk au in de velt (in hümbl)10 bet11 imen,

All’improvviso venne la luna e prese l’uomo e lo portò sulla campagna con sé,

un bal-da dar må is groas, sek ma no hèrta in månn au in må bet lisan untar in arm.

e quando la luna è piena, si vede ancora un uomo sulla luna con le lenticchie sotto il braccio.

1 Lezione innovativa: schümmanar (Miorelli, 2014: 131).
2 Lezione innovativa: söllane (Miorelli, 2014: 131).
3 Lezione innovativa: schümmane (Miorelli, 2014: 131).
4 lis (pl. lisan) cui corrisponde in Cim.VII linsa, Cim.XIII linse, ted. Linse < aat. *linsa. La base germanica trova esatta corrispondenza in lat. lens, -tis, lit. lešis < a.sl.eccl. *lesta. Non è tuttavia chiaro se le forme dell’ aat. e del a.sl.ecc. derivino da prestiti latini o se al contrario debbano essere ricondotti ad una base, forse indoeuropea, non attestata (cfr. De Vaan, 2011: 334; Bellotto, 1978: 109, n. 1).
5 Lezione innovativa: schümma (Miorelli, 2014: 131).
6 Lezione innovativa: schümmane (Miorelli, 2014: 131).
7 Lezione innovativa: schümman (Miorelli, 2014: 131).
8 Si tratta di un calco imperfetto dalla locuzione ted. Mutteseelenallein , nata nel contesto romantico del XIX sec. per indicare lo stato di profonda solitudine emotiva di fronte al mondo. L’espressione divenne così celebre da conservarsi nel tedesco ad indicare una solitudine oggettiva del soggetto, e.g. Er stand mutterseelenallein an der Bushaltestelle “Si trova tutto solo alla stazione dell’autosbus”.
9 Bal-dar-ar: Bellotto (1978: 110, n.3) ritiene che il secondo -ar rappresenti una terminazione di antico dat.pl. aat. *-iro (di essi, di esse). La sequenza sarebbe dunque da tradurre ‘Quando lui di esse ne ebbe (...)’.
10 La logicità del testo porta a riconoscervi un errore dovuto al Bacher stesso o al suo informatore. L’uomo viene necessariamente trasportato sulla luna, come si sottolinea nella sequenza finale.
11 Il Bacher (1905: 85) riporta una forma bet rispetto all’odierno pitt il che lascerebbe pensare ad un’evoluzione di *b secondaria > p non ancora completamente avvenuta. Più difficile da spiegarsi è la genesi di tale b- secondaria a partire da un a.a.t. *mit/miti. Uno sviluppo *mit(i) > *bit > pitt è condiviso dal mocheno pet (cfr. Bersntoler Beirterpònk on-line) pur restando estraneo non solo alle varietà prossime, tirolese e bavarese, ma anche al resto dei dialetti tedeschi. In cimbro una b- non etimologica può derivare solo da *w-. In quest’ottica, ampliando l’indagine al restante panorama germanico, un termine di paragone si ritrova nell’ing. with funzionalmente analogo a ted. mit. La corrispondenza pertiene tuttavia al solo piano semantico. La preposizione dell’inglese non deriva infatti dalla radice P.Grm. *medhi- di ted. mit., la quale presente in inglese antico, si mantiene oggi solamente a livello residuale nei composti del tipo mid(wife) ‘ostetrica’ mid(shipman) ‘guardiamarina’. Al contrario essa deriva da una base *withro- che, sebbene nella maggior parte delle lingue germaniche (e.g. a.sass. withar, ol. weer, got. wiþra, ...) sembri avere generalizzato il valore ‘contro’, in norreno può esprimere anche la funzione di ‘con’, e.g. a.Norr. viðr ‘contro, con, attraverso’. L’influenza incrociata del norreno ̶ la cui penetrazione massima si riscontra con la salita al trono d’Inghilterra del danese Knud il Grande (1015) ̶ e della vicinanza fonologica con a.ingl. *mid- portò la forma a.ingl. wið a generalizzare come unico valore semantico quello di ‘con’, scalzando di conseguenza la forma *mid- che rimane testimoniata solo a livello residuale.
La presenza di un valore ‘con’ in una tradizione conservatia come quella norrena, porta a supporre che tale valore sia da riportare ad una fase P.Germ. Di qui si apre la strada per spiegare il consonantismo della preposizione cimbra. Se a Luserna essa appare sempre come pitt < *pett, la coesistenza di pit / mit nei VII Comuni.