si håm-si
si håm-si: normalmente il vocalismo dei composti della sequenza avrebbe richiesto ‘se håm-se (...)’. Sebbene non sia raro presso alcuni parlanti l’innalzamento della ‘e’ --> [e̜], qui si riscontra una [i] piena. Ipotizzare che l’utilizzo di [i] non canonico sia tendenza regolare riconducibile all’idioletto del parlante non pare supportato dalla sequenza successiva (‘håm-sa-se piantàrt’) dove il riflessivo ha vocalismo atteso ‘-se’. Si danno di conseguenza due possibilità: a) l’idioletto del parlante contempla la fluttuazione [e] ~ [i] sia al pronome personale che al riflessivo, fluttuazione che per il secondo elemento è forse condizionata morfo-sintatticamente ̶ con l’inversione il riflessivo ha vocalismo [e] (‘håm-sa-se piantàrt’), senza mostra vocalismo [i] (‘si håm-si’) ̶ ; b) il parlante tenta di avvicinare il più possibile il suo codice linguistico a quello dell’intervistatore al fine di rendere meno problematico l’evento comunicativo (microsincronizzazione). Di conseguenza l’utilizzo del pronome personale ‘si’ e del riflessivo ‘si’ sarebbe da inquadrare con il tentativo di avvicinarsi più possibile al tedesco che ha SIE nel primo caso, SICH nel secondo; geschribet: fino al secolo scorso si usava il verbo ‘schraim’ per indicare il cognome. Di conseguenza la formula canonica sarebbe stata: “I hoaz Maria”, cui si contrapponeva “I schraib-me Nicolussi”. La ragione di questa apparente anomalia dipendeva dal differente valore che nel passato avevano le due parti del nome. L’onomastico veniva usato nelle relazioni quotidiane tra i soggetti, mentre l’uso del cognome era tradizionalmente relegato alla sfera burocratica, esplicandosi generalmente nella firma con finalità di vidimazione. L’utilizzo del verbo ‘schraim’ per il cognome riflette di conseguenza la sensibilità del cimbro di Luserna circa la differenza negli ambiti d’utilizzo dei due componenti del nome.