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müscha, -an



il termine trova corrispondenti nei VII “müscha, -en” e nei XIII “muzza, -an” (cfr. Resch, Vergl.cimb.Gesamtwörterbuch) con il valore di it. “mula” e si lascia ricondurre ad un prestito dialettale romanzo. L’Umlaut dei VII. e Lus. porterebbe ad identificarvi una base lombarda, con -ū- di lat. mūlus > -ü- per regolare evoluzione fonetica. Ma lomb. “müla” non spiega il consonantismo delle forma cimbre, per le quali la sibilante porterebbe a ritenere la forma come prestito dal ven. “mussa” il quale tuttavia non mostra turbamento della vocale. Alla luce di ciò non è impossibile che nella formazione del prestito cimbro abbiano partecipato entrambe le tradizioni romanze. Con buona probabilità in un primo tempo il prestito entrò dal lombardo come “mül(a)”. All’interno del sistema linguistico cimbro la forma al maschile risultava omofona a cim. mül “mulino”. Insieme alla pressione costante e prolungata delle varianti romanze venete l’omofonia potrebbe aver portato alla contaminazione di lomb. mül(a) + ven. musso (-a) > cimb. müss(a). Nei XIII “muzza” tale pressione potrebbe essere stata così forte da condurre al totale abbandono della forma lombarda in favore della forma veneta priva di Umlaut. Per estensione semantica, all’interno della casara la “müscha” rappresentava un braccio girevole in legno a forma di L rovesciata sul quale si agganciava il calderone per poterlo porre e spostare dal fuoco ruotando il braccio stesso.